L’Europa è alla ricerca di alternative al gas russo che permettano di affrontare il prossimo inverno in caso di uno stop di Mosca alle forniture. Rinnovabili e petrolio si incontrano in una strana combinazione, che concorre a rendere la situazione più complessa di quel che sembra.
A livello europeo, la cosa più preoccupante è la capacità di riempimento degli stoccaggi di gas. Per quanto sembri che si possa “superare l’inverno in sicurezza”, come ha affermato la commissaria europea per l’energia K.Simson, è vero però che le riserve comunitarie sono oggi al 30%, con una riduzione prevista al 18% per aprile. Perciò, prima che si possa dire “crisi energetica”, l’Esecutivo europeo sta finalizzando una nuova “cassetta degli attrezzi” proprio per rafforzare le politiche anti crisi, in cui rinnovabili e petrolio hanno ruoli quasi paralleli. L’Italia, nel dubbio, ha già dichiarato lo stato di pre-allarme per il gas.
Si parla dell’introduzione di un possibile un livello minimo di stoccaggio gas all’80%, che gli Stati membri dovrebbero raggiungere annualmente entro il 30 settembre; della richiesta di un’accelerazione delle autorizzazioni per i nuovi parchi eolici e solari; del supporto all’aumento della produzione di biogas, fissando un volume minimo da raggiungere entro la fine del decennio, come strumento per alleggerire le bollette elettriche degli agricoltori. Insomma, un panorama in cui le rinnovabili esistono, si sviluppano, e concorrono al mercato.
Nel frattempo, c’è stato l’aumento dei prezzi del greggio, che per parte sua ha creato una discussione sulla necessità di un rilascio coordinato da parte dei membri dell’AIE di parte della riserva strategica esistente per stabilizzare il mercato. “Tutti i 27 Stati membri dell’UE – ha concluso la Commissaria – devono disporre di scorte petrolifere di emergenza di almeno 90 giorni”. Uno stop alle rinnovabili e un passo indietro nel processo di transizione energetica?