Tutti stanno promettendo di impegnarsi per il 2050. Per realizzare una transizione energetica rapida, e con un cambiamento su vasta scala delle fonti energetiche mondiali, banche, aziende e Paesi stanno mettendo sul piatto della bilancia le risorse a disposizione. Ma come e quanto viene effettivamente finanziata la transizione energetica?
Il rapporto prodotto dal Sustainable Finance Program di Oxford disegna un quadro variegato, e cerca di tenere traccia dei cambiamenti riguardanti i finanziamenti ottenuti dai vari settori energetici negli ultimi due decenni: ne emerge che il carbone è in difficoltà, molti settori delle energie rinnovabili stanno crescendo rapidamente, mentre il finanziamento dell’Oil&Gas ancora resiste.
Il rapporto ha monitorato il costo del debito delle diverse fonti energetiche e la produzione di elettricità, analizzando le informazioni di 12.072 contratti di prestito dal 2000 al 2020, estratti dal database DealScan della piattaforma Lpc. I dati riguardano 5.033 mutuatari in 188 Paesi nel settore dell’energia e dei servizi pubblici, dai biocarburanti alle centrali a carbone agli oleodotti.
Nell’ultimo decennio, racconta il report, i modelli di finanziamento sono effettivamente cambiati: i volumi dei prestiti per l’estrazione del carbone sono nettamente diminuiti man mano che le economie sviluppate si sono allontanate da questo combustibile. Ma per il resto, c’è qualcosa che non quadra: mentre l’energia rinnovabile è diventata sempre più competitiva con i combustibili fossili, i volumi dei prestiti per rinnovabili sono diminuiti, mentre i volumi dei prestiti per ‘petrolio e gas’ sono aumentati.
Nonostante entrambi i settori siano ampiamente ad alta intensità di capitale, i costi delle energie rinnovabili tendono ad essere particolarmente concentrati nel periodo iniziale. Il costo del capitale, per esempio la costruzione e l’installazione è il fattore determinante più grande del costo delle energie rinnovabili, molto più della manutenzione degli impianti. Questo significa, continua il rapporto, che i costi di finanziamento e i tassi di interesse possono avere un grande impatto sulla competitività o meno delle energie rinnovabili con i combustibili fossili.
Non ultimo, viene nominato anche lo spread. Mentre il volume dei finanziamenti per l’estrazione del carbone è diminuito, il costo di quel tipo di finanziamenti è aumentato. Questo aumento degli spread è stato osservato in tutti i settori, esclusi i biocarburanti, ma il salto è stato il più alto per l’estrazione del carbone, con lo spread medio del prestito che è aumentato del 65% nel 2011-20 rispetto al decennio precedente.
I volumi di prestito per progetti di estrazione del carbone sono diminuiti drasticamente in tutto il mondo negli ultimi dieci anni. Quando però si tratta di finanziare centrali elettriche a carbone per l’elettricità, ci sono forti divisioni regionali: questi finanziamenti sono sostanzialmente evascomparsiporati in Europa negli ultimi dieci anni e sono diminuiti di quasi la metà in Nord America. In Cina, India e nel resto dell’Asia, tuttavia, le centrali a carbone sono ancora una forza in crescita.
Il quadro globale della produzione di elettricità mostra che i finanziamenti per le centrali elettriche a carbone sono in calo. E questo avviene in contemporanea con i grossi aumenti nei finanziamenti per l’energia idroelettrica, il solare fotovoltaico e l’eolico offshore. Un panorama sempre complesso, che avrà probabilmente bisogno ancora di tempo per prendere una direzione netta.